In generale, il privato proprietario di un'area privata abusivamente occupata da un veicolo può legittimamente opporsi a questa condotta illecita che costituisce una molestia al godimento del bene ed è già direttamente lesiva di molteplici posizioni soggettive agendo in autotutela possessoria.
In effetti, più che di un diritto, si tratta di un diritto-dovere, perché il proprietario è di norma anche Custode del bene immobile ed è responsabile per tutti i danni che il veicolo potrebbe cagionare ai terzi (le casistiche riguardano per lo più danni da caduta e danni da incendio).
I portici non fanno eccezione! Vediamo la giurisprudenza di merito bolognese: “fermo restando che il portico nel quale l’appellato aveva illegittimamente parcheggiato il suo motociclo era di proprietà del condominio, ancorché gravato di servitù di pubblico transito pedonale e non carraia, nessun dubbio che il condominio avesse il diritto di impedire un uso illegittimo e più gravoso del suo portico e di rimuovere o far rimuovere il veicolo” (Tribunale di Bologna, Sentenza n.2546/09).
La sussistenza di una servitù di pubblico passaggio pedonale vieta al proprietario di limitare, ostacolare o comunque rendere meno agevole il transito uti cives, ma non gli impone altri limiti come quello di tollerare la circolazione o la sosta di veicoli. D’altro canto che “l’assoggettamento di un bene all’uso pubblico” non comporti “il venir meno dei diritti privati di proprietà” è stato da tempo chiarito dalle sezioni unite della Suprema Corte con sentenza n.158/1995… Né possono essere confusi l’accertamento di un’infrazione al C.d.S., il paga-mento di una sanzione pecuniaria e l’eventuale sanzione accessoria della rimozione, con un atto di autotutela che rimane in ambito privatistico, dato che deriva da un fatto illecito (l’occupazione della proprietà privata) che può anche non presupporre alcuna violazione al C.d.S. L’assoggettamento di un bene al pubblico passaggio pedonale acuisce le esigenze di tutela e i doveri che gravano sulla proprietà. L’abusiva occupazione con veicoli, dei portici di proprietà privata integra, infatti, gli estremi di una situazione di pericolo sotto diversi profili (danneggiamenti vari, come imbrattamento della pavimentazione per possibili perdite di olio o carburante; molestie in genere; intralcio all’accesso alla strada o alle private abitazioni; disturbi da rumore; danni al decoro dello stabile ecc.) ed espone il proprietario anche al rischio di essere chiamato a rispondere dei danni provocati a terzi da mezzi lasciati incustoditi su di un’area di cui egli ha obbligo di custodia (art. 2051 c.c.)” (Tribunale di Bologna, sentenza n. 690/09)
Quanto alle imprese che operano materialmente la rimozione, queste società appaltatrici operano per conto dei privati proprietari e la loro prestazione consiste proprio nel realizzare, con perizia professionale, le attività che consentono al proprietario di esercitare la propria autotutela possessoria.
In concreto, questa prestazione d’opera consiste necessariamente in un'attività di rimozione e di custodia in un idoneo deposito da esercitarsi in forma professionale, giacché l’autotutela possessoria deve rispettare il principio della proporzionalità (e quindi non sarebbe consentito al proprietario dell'area privata di limitarsi a spostare il veicolo fuori dalla sua proprietà e lasciarlo incustodito).
Tra le varie pronunce intervenute si deve evidenziare quella di Cassazione civile n.196/2007: la Suprema Corte non solo ha riconosciuto che l’attività di rimozione prestata da un'impresa in un’area privata costituisce una condotta legittima sul piano civile, in quanto utile a realizzare, su mandato del proprietario dell'area privata, una corretta forma di autotutela possessoria, ma ha anche voluto precisare, espressamente, che un tale esercizio di autotutela è penalmente lecita, non potendo integrare nè il reato di ragion fattasi, nè, tantomeno, ipotesi di reato più gravi.

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